Valdarno di Sopra Day

Il vino del Valdarno di Sopra Doc ha storia antica, sancita dal celeberrimo “Bando sopra la Dichiarazione dé Confini delle quattro Regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra” del 1716, eppure è “contemporaneo”, come lo ha definito Monica Larner, italian editor di “The Wine Advocate” . Due caratteri di una denominazione tutto sommato giovane, e piccola (250.000 le bottiglie prodotte ad oggi, ma il numero è destinato a crescere) che lega Arezzo e Firenze, passando per il Ponte a Buriano che fa da sfondo alla Gioconda di Leonardo Da Vinci, ma che ha una visione chiara e netta del suo futuro, dove il 100% dei produttori produce in regime di biologico.

Un territorio “sottovalutato, ed è un bene che oggi, dopo il successo di alcune singole aziende, si inizia a parlarne come territorio”, ha detto Carlo Ferrini, produttore e consulente enologo tra i più affermati d’Italia, con cantine di primo piano dal Trentino alla Sicilia, che ha ricordato come un territorio che in passato era conosciuto soprattutto per i bianchi, storicamente sia considerato la patria natia del “Sangiovese Piccolo, diverso dal Sangiovese Grosso, che caratterizza, per esempio, Chianti Classico e Montalcino”. Un territorio in cui, ha sottolineato l’enologo e produttore Maurizio Alongi, “si deve valorizzare soprattutto il Sangiovese, che qui da sempre uve non eccessivamente concentrate, con un ph equilibrato, tanto per i vini più semplici che per quelli più importanti, e può competere con i grandi Sangiovese di Toscana, senza nulla togliere alle varietà autoctone “minori” o alle internazionali”. Un territorio, il Valdarno di Sopra, che si sta facendo notare come racconta Monica Larner, italian editor di “The Wine Advocate”. “Quando ho iniziato ad occuparmi dell’Italia per Robert Parker, dieci anni fa, gli assaggi erano divisi tra Nord, Centro e Sud, ed uscivamo sei volte all’anno. La Toscana era in un unico contenitore, ma per me non andava bene. Quindi abbiamo diviso per territorio, Chianti Classico e Montalcino in testa, ovviamente, ma subito ho visto questo piccolo territorio, il Valdarno, e ho pensato che meritasse un articolo a parte. È un territorio che va raccontato, e quindi sono sette anni che pubblico i vini del Valdarno a parte. E questo consente di parlare della vostra voglia di cambiare, oltre che rispondere a consumatori che vogliono guardare sempre più al dettaglio, sempre più ai piccoli territori. Emerge un’anima contemporanea in questi vini, sono vini che il consumatore vuole, sono diversi, ed a me piace parlare di territorio più che di vitigno, vuol dire parlare di un territorio più fluido, capace di evolvere e di adattarsi ai tempi”.

E, d’altronde, l’unica costante è il cambiamento, come ha ricordato Allen J.Grieco, professore storico per la sede di Firenze della prestigiosa “The Harvad University”. “Nel Trecento/Quattrocento, i vini di qualità erano poco alcolici, poco colorati. Poi nel Settecento si impone il gusto inglese, e cose cambiano. Ma nell’Ottocento un mito che è ancora tale oggi, Chateau Lafite, aveva il 7-8% di grado alcolico. Questo per dire che l’evoluzione nel tempo è come l’adattarsi a condizioni e gusti che cambiano, non pensare che c’è un “optimum” da raggiungere”. E, tutto sommato, il cambiamento climatico, come confermato anche dagli enologi Ferrini, Alongi e Chioccioli (qui la loro intervista) è “solo” una variabile da gestire, “attraverso la scienza, come abbiamo fatto in questi ultimi 20 anni, nei quali abbiamo prodotto vini buoni come mai prima, attraverso una gestione diversa della vigna, della pianta e non solo”, ha ricordato il presidente degli enologi italiani e mondiali, Riccardo Cotarella.

Estratto dell’articolo di Winenews.it

 

 

 

 

 

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